
Si può affermare che, così come le attività necessarie per procacciare il cibo, anche l’attività edile ha accompagnato l’uomo sin dalle sue origini. La necessità di trovare riparo dalle diverse condizioni atmosferiche, o quella di ideare soluzioni capaci di superare ostacoli naturali, sono bisogni propri dell’uomo che insieme a lui si sono evoluti in un dialogo continuo con l’ambiente in cui esso vive.Oggi, allora, quali sono le nuove frontiere del settore edile? In che direzione va questa evoluzione?Sicuramente lo spazio entro cui l’edilizia può evolversi è delimitato dal principio di tutela dell’ambiente, un’urgenza mondiale che riguarda tutte le attività umane visti i livelli di inquinamento e le trasformazioni climatiche a cui la Terra è sottoposta. E dunque, in edilizia questo principio si traduce necessariamente in due orientamenti: risparmio del suolo e impiego di materiali e tecnologie a basso impatto ambientale.La sfida non sta perciò più nella contrapposizione tra ristrutturazioni e nuove costruzioni, ma nella capacità di poter fare entrambe le cose in luoghi già urbanizzati.Come? Tre parole chiave!
1- RecuperareLa prima frontiera è il recupero del patrimonio edilizio già esistente, sia quello delle città che dei piccoli e grandi centri della provincia. In questo campo rientrano i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, il restauro e il risanamento conservativo, la ristrutturazione edilizia e quella urbanistica. Recuperare significa intervenire su edifici che mantengono la loro funzione- di casa, di ufficio, di museo- ma si ammodernano, si efficentano. Pensiamo ai tanti edifici scolastici costruiti negli anni ’60 che oggi chiedono appunto interventi di questo tipo.
2- RigenerareLa seconda frontiera, invece, è rappresentata dalla rigenerazione urbana, processo auspicato da molti enti, in particolare l’ANCI- Associazione Nazionale Comuni Italiani- che proprio sul tema a breve lancerà un grande bando per costruire condizioni normative e procedurali che rendano conveniente, anche economicamente, per le amministrazioni pubbliche e per gli sviluppatori immobiliari, la rigenerazione urbana anziché la nuova edificazione su suolo libero.Ma cosa si intende per rigenerazione urbana? È un processo grazie al quale si agisce sul un quartiere per dargli un assetto nuovo e competitivo, un’operazione che inizia proprio a livello estetico con l’abbattimento di edifici fatiscenti, di barriere architettoniche e di infrastrutture obsolete. La ricostruzione che ne consegue, però, opera su più binari sviluppando un progetto che ridisegna contemporaneamente l’architettura di un luogo e le iniziative culturali, sociali ed economiche che esso dovrà accogliere.
3- RiqualificareDalla rigenerazione, arriviamo alla terza frontiera: la riqualificazione edilizia. Possiamo dire che questo tipo di intervento si colloca all’apice del percorso di ripensamento dell’attività edile. Riqualificare un luogo, significa ripensarne la sua funzione e la sua interazione con l’ambiente e l’economia circostante. L’esempio classico è quello fabbrica dismessa che rinasce come centro culturale, come ristorante, come scuola di artigianato. Ma la sua trasformazione non si ferma al cambio di destinazione dell’edificio: i vecchi lavoratori della fabbrica, disoccupati, vengono riqualificati tramite corsi di formazione per poter essere reinseriti nel nuovo contesto lavorativo, in modo da coinvolgere anche le risorse umane, si incentiva la nascita di servizi affini nei dintorni, ecc... In sintesi, con la riqualificazione urbana si punta a sviluppare e valorizzare le specificità locali dei tessuti edilizi e delle comunità che lì risiedono.Sono questi i campi in cui l’edilizia moderna è chiamata a mettersi in gioco ripensando i propri modelli di sviluppo e soprattutto uscendo dall’individualismo della propria azienda per entrare in una rete sociale- fatta di enti pubblici e privati, istituzioni, comunità e no profit- che opera per cambiare il volto delle nostre città.